Il
pensiero procede inarrestabile. I concetti emergono, sie ergeben
sich, ed ecco il Fürsichsein: “Il concetto generale
dell'essere per sé ci si è reso manifesto” (p. 162). Ma è giusta
la parola? Hegel, a quanto pare, non si è inventato la parola, bensì
l'ha trovata in giro: appunto Fürsichsein. Occorre mettere
alla prova questo nome, dice.
“L'importante
sarebbe soltanto dimostrare che a quel concetto corrisponde la
rappresentazione, che noi colleghiamo all'espressione essere per
sé”. Quello che va dimostrato qui è che un elemento del
linguaggio comune abbia una base concettuale, ossia un suo diritto
d'esistere. Ma che cosa significa il Fürsichsein comunemente?
In italiano poco o niente.
Il
für sich, secondo il dizionario dei fratelli Grimm, sarebbe
nato come il contrario di hinter sich: corrispondente al vor
sich oggi potremmo sentirlo in
espressioni come ich ging so vor mich hin = “stavo
camminando davanti a me”, cioè senza guardare dietro (né a
destra né a sinistra), meditando. Forse da lì deriva il significato
del Fürsichsein di oggi? Il Duden dà il nome come sinonimo
di Alleinsein, ovvero essere/stare da soli. In tante
espressioni è utilizzato il für sich:
er steht da ganz für sich (= “sta lì tutto solo”) oppure
da kann ich endlich für mich sein (= “là posso stare
finalmente solo / in pace”). È ovvio come da questo “stare per
sé”, nella solitudine in cui non si contempla altro che se stessi,
sorga la riflessione, l'autocoscienza. “Diciamo infatti che
qualcosa è per sé, in quanto esso toglie l'esser altro, la sua
relazione e la sua comunanza con altro” (p. 162) scrive Hegel
collegando il suo pensiero ad un'espressione comune del tedesco
parlato, mentre in italiano il ragionamento resta incomprensibile:
l'“essere per sé” qui non è altro che un termine tecnico,
vagamente metaforico.
L'entusiasmo
del filosofo per la propria lingua non si ferma qui. Nella nota
seguente il pensatore esalta una seconda caratteristica del tedesco.
Per chiedere “Che cos'è/che tipo di cosa è qualcosa?” in
tedesco si formula (all'incirca) “quale una cosa è questo?” was
für ein Ding ist das?. Ciò evidenzierebbe “il momento della
riflessione-in-sé”, scrive il filosofo e sarebbe “di origine
idealistica”, ovvero esprimerebbe la
verità che una cosa (o un uomo) non è tale per un'altra (altro), ma
per se stessa (stesso). Arturo Moni, il traduttore della Laterza
taglia (p. 165): "All'inizio di questa nota l'A. faceva una osservazione
intorno a una particolare locuzione tedesca (...) Non essendo cotesta
locuzione di alcun uso per gl' italiani che ignorano il tedesco, ho
creduto di poterla sopprimere." Bene. Chissà se il resto è d'
“uso per gl'italiani che ignorano il
tedesco”.
Georg
Wilhelm Friedrich Hegel: Logica, trad. da Arturo Moni e rev.
da Claudia Cesa, Bari (Laterza) 1981, vol. I.