Montag, 3. November 2014

Der Geist geht in sich

Ricordo mio padre, seduto accanto a me, arrivare finalmente alla chiusura della sua predica: “Du solltest einmal in dich gehen!” Cioè? “Dovresti riflettere, in italiano. “Riflettere” si dice anche nachdenken, in sich gehen invece è una metafora composta: il primo elemento è quello del “contenitore io” (ne parla Georges Lakoff in Metaphors we live by), mentre il secondo è “camminare” (gehen). Du solltest in dich gehen: “Dovresti entrare (a piedi) in te”. Per restare nell'immagine: c'è un interno dell'io. Questo dentro è buio, pieno di oggetti non immediatamente identificabili: motivi, pensieri, retropensieri, secondi motivi, desideri … che solo a colui che cautamente si addentra in questo spazio riveleranno la loro natura. In sich gehen: si tratta di un ripiegarsi in se stessi con lo scopo di esplorare un io non trasparente. È un'idea squisitamente pietista: Selbsterforschung.

Quando si cammina in sé, bisogna stare attenti che c'è tanto buio là dentro. L'utilizzo quotidiano dell' in sich gehen è presente in Hegel, quando scrive dello spirito: “in seinem Insichgehen ist er in der Nacht seines Selbstbewusstseins versunken”. Ma come dirlo in italiano? Vincenzo Cicero propone: “Nella sua introiezione, lo spirito è immerso nella notte della sua autocoscienza” (1063). Introiezione?

Viviamo in tempi tristi in cui per farsi comprendere si parla di proiezioni e di complessi, di introiezione e di rimozioni, cioè si utilizzano termini psicologici o psicoanalitici come se spiegassero qualcosa di rilevante. Cicero ad esempio traduce con “rimuovere” il tedesco aufheben. L'idea in sé è buona perché attinente al significato del tollere hegeliano: sia di cancellare sia di conservare, ma come termine specialistico qui forse non è fuori luogo? Dove si fonda tutta la scienza possibile non c'entra la psicologia. Comunque con la proposta di “introiezione” per in sich gehen si va in definitiva oltre il limite. Il cauto camminare dell'autoindagine sarebbe una -iezione? No.


Altre proposte? Enrico de Negri sceglie un verbo tutto suo: “Nel suo insearsi lo spirito è calato nella notte della sua autocoscienza” (304). Che dire? Il verbo “insearsi” non esiste, almeno il Devoto-Oli non lo registra. C'è da dubitare che “inseare” a qualcuno di quattordici anni possa risultare un verbo molto vivo che stimoli l'immaginifico. Non è in sich gehen, “insearsi”. È tanto strano e rende distante la filosofia tedesca. Forse è questa l'unica via percorribile quando si traduce Hegel in italiano.
G. W. F. Hegel: Fenomenologia dello spirito, trad. Enrico de Negri, Firenze (La nuova Italia) 1973.

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