Un Hegel un po' nascosto – “Was heißt Denken?” (2)
Facendo parole creiamo dei mondi. Come il romanziere con poche frasi
dal nulla fa apparire paesaggi, edifici e personaggi, il filosofo
popola l'universo di concetti. Più precisamente, forse non arriverà
al concetto, ma difficilmente può evitare di produrre, gettare nel
mondo delle entità.
Il titolo del trattato di Heidegger è costituito da una domanda: Was
heißt Denken? Come domanda sensata presuppone che le cose di cui
parla esistano. “ll pensare”? Chiaro, pensiamo da sempre, almeno
così ci pare. Ma “Denken” con la maiuscola è un sostantivo:
“nome comune di cosa”. Un oggetto da studiare, das Denken.
E non è tutto: was heißt das? si chiede l'autore. Ovvero
oltre al pensare ci sarebbe anche un significato di questo? Saremmo
già a due entità. Heidegger ce ne vuole parlare. Desidera
riflettere sul, intende pensare il pensare. Un pensare-attività che
fa parole avrebbe come oggetto un pensare-cosa senza parole e senza
contenuto, almeno all'inizio. “Guardiamo questo” sembra dire
Heidegger, “che cos'è”? Facile immaginarsi il beato analitico
Ernst Tugendhat che borbotta: “Das Denken? Lo so io che cos'è! È
un verbo sostantivato!” Oppure Hegel che rifiuterebbe trattare
concetti “astratti” e urlerebbe: “Stai parlando del vuoto!”
In realtà Heidegger ha presente questo tipo di critica. Da Sein
und Zeit ne è passato di tempo e adesso ha studiato Hegel.
Anch'egli rifiuta ciò che il vecchio chiamava Reflexionsphilosophie.
Per quello si chiede all'inizio del terzo capitolo: “Quando
cerchiamo di imparare che cosa significhi pensare non finiamo per
perderci nella riflessione che pensa intorno al pensiero?” Chissà
perché il traduttore ha reso “riflettere sul”/denken über
di Heidegger con “pensare intorno”. In realta' non si puo'
parlare qui di un “pensare intorno” con il rischio forse di
"smarrirsi", bensi' di un “infinito inscatolarsi
dell'infinito senza freno”, che puo' accadere se non si fa
attenzione quando si "pensa il pensare".
Heidegger cita Hegel senza nominarlo. L'uomo dello Schwarzwald
utilizza qui due parole di origine straniera – cosa che di regola
evita: normalmente o inserisce la parola greca o latina (“ratio”)
o preferisce quella di radice germanica. I due termini in questione
li prende da Hegel. Si tratta di Reflexion e di Räsonieren.
In italiano non si fa neanche caso alla parola “riflessione”,
nella frase tedesca invece verlieren wir uns dann nicht in die
Reflexion, die über das Denken denkt? il
termine Reflexion salta all'occhio – è una cosa
estranea in questo testo. Inoltre Heidegger utilizza l'articolo die
che qui ha valore dimostrativo, acquisisce il suo significato con
la subordinata relativa seguente: “non ci perdiamo in quella
riflessione che pensa il pensare/ riflette sul pensare”. Questo è
l'argomento di Glauben und Wissen oder die Reflexionsphilosophie
der Subjektivität e della Differenzschrift del giovane
Hegel che intende Reflexionsphilosophie come rimprovero. Ciò
che dovrebbe salvare il lettore da questo vicolo morto secondo
Heidegger sarebbe il sich davon frei halten / “tenersi
liberi dal” auf einem Räsonieren über die Ratio zu beharren/
“insistere su un ragionare sulla ratio”; è da escludere invece
la traduzione proposta da Ugazio/Vattimo: mantenersi “libero dal
fermarsi su ogni ragionamento intorno alla ratio.”
La parola “ogni” non si trova nel testo tedesco, e poi...
Heidegger parla di Räsonieren
– parola di origine francese! A differenza di Reflexion,
Räsonieren è un termine
completamente fuori uso nel Novecento. Già cent'anni prima Heinrich
Heine l'adoperava a scopo ironico: al fittizio tedeschissimo governo
della città Krähwinkel
faceva usare termini francesi per rendere pubbliche elegantemente
alcune regole del rude governo cittadino: Wer auf den
Sraßen räsoniert, wird unverzüglich füsiliert “Chi
ragiona per strada viene immediatamente fucilato”. Ancora prima,
Hegel abbinava Räsonieren und Schwatzen
(all'incirca: “ragionare a vuoto e chiacchierare”), räsonieren
per lui è è parola di accezione soltanto negativa. Per Kant non era
stato ancora così, comunque non va oltre una leggera ironia, forse
perché con räsonniert so viel ihr wollt, aber gehocht!
citava Federico II che notamente
parlava più e meglio il francese del tedesco. Se Heidegger qui
chiede di astenersi dal restare fermi su “ragionamento” e parla
del Räsonieren,
intende cosa
deplorevole e desidera farlo capire utilizzando la parola di un altro
che si chiama Hegel.
In Was heißt Denken?
si trova un'altra ripresa del filosofo di Tübingen. La critica che
Heidegger muove nel primo capitolo contro l'interessarsi di filosofia
che sarebbe in realtà indifferente nei confronti dell'oggetto
dell'interessamento, è una nota hegliana. Tuttavia, nella traduzione
italiana si tende a perdere le altre chiarissime (e volute) tracce di
un pensare anteriore. Queste stanno nelle scelte delle parole.
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