Sonntag, 14. April 2013

Un Hegel un po' nascosto – “Was heißt Denken?” (2)

Facendo parole creiamo dei mondi. Come il romanziere con poche frasi dal nulla fa apparire paesaggi, edifici e personaggi, il filosofo popola l'universo di concetti. Più precisamente, forse non arriverà al concetto, ma difficilmente può evitare di produrre, gettare nel mondo delle entità.

Il titolo del trattato di Heidegger è costituito da una domanda: Was heißt Denken? Come domanda sensata presuppone che le cose di cui parla esistano. “ll pensare”? Chiaro, pensiamo da sempre, almeno così ci pare. Ma “Denken” con la maiuscola è un sostantivo: “nome comune di cosa”. Un oggetto da studiare, das Denken. E non è tutto: was heißt das? si chiede l'autore. Ovvero oltre al pensare ci sarebbe anche un significato di questo? Saremmo già a due entità. Heidegger ce ne vuole parlare. Desidera riflettere sul, intende pensare il pensare. Un pensare-attività che fa parole avrebbe come oggetto un pensare-cosa senza parole e senza contenuto, almeno all'inizio. “Guardiamo questo” sembra dire Heidegger, “che cos'è”? Facile immaginarsi il beato analitico Ernst Tugendhat che borbotta: “Das Denken? Lo so io che cos'è! È un verbo sostantivato!” Oppure Hegel che rifiuterebbe trattare concetti “astratti” e urlerebbe: “Stai parlando del vuoto!”

In realtà Heidegger ha presente questo tipo di critica. Da Sein und Zeit ne è passato di tempo e adesso ha studiato Hegel. Anch'egli rifiuta ciò che il vecchio chiamava Reflexionsphilosophie. Per quello si chiede all'inizio del terzo capitolo: “Quando cerchiamo di imparare che cosa significhi pensare non finiamo per perderci nella riflessione che pensa intorno al pensiero?” Chissà perché il traduttore ha reso “riflettere sul”/denken über di Heidegger con “pensare intorno”. In realta' non si puo' parlare qui di un “pensare intorno” con il rischio forse di "smarrirsi", bensi' di un “infinito inscatolarsi dell'infinito senza freno”, che puo' accadere se non si fa attenzione quando si "pensa il pensare".

Heidegger cita Hegel senza nominarlo. L'uomo dello Schwarzwald utilizza qui due parole di origine straniera – cosa che di regola evita: normalmente o inserisce la parola greca o latina (“ratio”) o preferisce quella di radice germanica. I due termini in questione li prende da Hegel. Si tratta di Reflexion e di Räsonieren.

In italiano non si fa neanche caso alla parola “riflessione”, nella frase tedesca invece verlieren wir uns dann nicht in die Reflexion, die über das Denken denkt? il termine Reflexion salta all'occhio – è una cosa estranea in questo testo. Inoltre Heidegger utilizza l'articolo die che qui ha valore dimostrativo, acquisisce il suo significato con la subordinata relativa seguente: “non ci perdiamo in quella riflessione che pensa il pensare/ riflette sul pensare”. Questo è l'argomento di Glauben und Wissen oder die Reflexionsphilosophie der Subjektivität e della Differenzschrift del giovane Hegel che intende Reflexionsphilosophie come rimprovero. Ciò che dovrebbe salvare il lettore da questo vicolo morto secondo Heidegger sarebbe il sich davon frei halten / “tenersi liberi dal” auf einem Räsonieren über die Ratio zu beharren/ “insistere su un ragionare sulla ratio”; è da escludere invece la traduzione proposta da Ugazio/Vattimo: mantenersi “libero dal fermarsi su ogni ragionamento intorno alla ratio.” La parola “ogni” non si trova nel testo tedesco, e poi... Heidegger parla di Räsonieren – parola di origine francese! A differenza di Reflexion, Räsonieren è un termine completamente fuori uso nel Novecento. Già cent'anni prima Heinrich Heine l'adoperava a scopo ironico: al fittizio tedeschissimo governo della città Krähwinkel faceva usare termini francesi per rendere pubbliche elegantemente alcune regole del rude governo cittadino: Wer auf den Sraßen räsoniert, wird unverzüglich füsiliert “Chi ragiona per strada viene immediatamente fucilato”. Ancora prima, Hegel abbinava Räsonieren und Schwatzen (all'incirca: “ragionare a vuoto e chiacchierare”), räsonieren per lui è è parola di accezione soltanto negativa. Per Kant non era stato ancora così, comunque non va oltre una leggera ironia, forse perché con räsonniert so viel ihr wollt, aber gehocht! citava Federico II che notamente parlava più e meglio il francese del tedesco. Se Heidegger qui chiede di astenersi dal restare fermi su “ragionamento” e parla del Räsonieren, intende cosa deplorevole e desidera farlo capire utilizzando la parola di un altro che si chiama Hegel.

In Was heißt Denken? si trova un'altra ripresa del filosofo di Tübingen. La critica che Heidegger muove nel primo capitolo contro l'interessarsi di filosofia che sarebbe in realtà indifferente nei confronti dell'oggetto dell'interessamento, è una nota hegliana. Tuttavia, nella traduzione italiana si tende a perdere le altre chiarissime (e volute) tracce di un pensare anteriore. Queste stanno nelle scelte delle parole.

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